Oggi scrivo di un evento storico, forse ormai dimenticato dai più, da cui prendere spunto per una riflessione finale. Si parla del secolo scorso e spero di non annoiare nessuno. Prendetevi cinque minuti per leggerlo e poi sappiatemi dire...
Nel 1929, durante la Grande Depressione, sotto il
governo Benito Mussolini, si tennero le elezioni per le amministrazioni di
numerose province italiane.
Le
percentuali con cui i presidenti di provincia furono eletti, praticamente tutti
dell’asse della maggioranza di governo, rasentarono spesso il 70% o 80% delle preferenze, il che non stupisce nessuno dal momento che come ben sappiamo si trattò
di elezioni di regime, per nulla democratiche.
Il popolo a
quei tempi era persino escluso di fatto dal voto. Voto che era diventato,
grazie ad un’apposita e provvidenziale legge varata pochi mesi prima dallo
stesso governo Mussolini, una questione privata ed esclusiva riguardante
la sola nomenclatura politica dell’epoca (in pratica in Italia,alcuni politici di quel periodo storico si eleggevano
a vicenda fra di loro…). Accadde persino che in diverse province il candidato fu
uno solo, si trattava cioè di un così detto “candidato unico”. E’ un fatto molto
distante dalla concezione moderna di elezione democratica, mi rendo conto, ma
quando dico che c’era un solo candidato, intendo proprio dire che l’elezione
non prevedeva scelta: in lista c’era un solo nome, e basta. Quindi l’elezione
avvenne in molte province senza neppure la parvenza di una scelta democratica
fra candidati di opposti partiti. Ciò accadde per esempio a Pisa, Piacenza,
Reggio Emilia, Lecco, Novara e diverse altre.
Ma dal
momento che i politici si eleggevano appunto fra di loro, escludendo quindi il
voto popolare, nessuno di questi
“politici-elettori” aveva di che lamentarsi della candidatura unica: era
anzi una semplificazione molto gradita per la spartizione delle poltrone di
comando, anche e soprattutto - è immaginabile - fra
personaggi di dubbia onestà.
Oggi sembra
quasi impossibile che la popolazione dell’epoca abbia potuto accettare un
meccanismo elettorale del genere. Va detto però che il popolo non era molto
consapevole di come si muovessero le
cose: a quei tempi c’erano altri problemi a cui pensare. Povertà, crisi
economica, chiusura delle fabbriche e conseguente perdita di posti di lavoro
erano problemi molto seri che lasciavano poco spazio fra il popolo ad
accademiche considerazioni sulla presunta mancanza di democrazia e le sue
ripercussioni sulla vita civile (ripercussioni che
includevano, però, la crisi economica stessa!).
Inoltre l'opposizione politica al regime veniva
ridicolizzata dai mezzi di informazione filo governativi e dipinta come demagoga, incapace e persino pericolosamente antidemocratica (sic!). Ai parlamentari che osavano contestare il governo capitava anche di essere picchiati e
sospesi dal parlamento. Gli operai e i disoccupati che manifestavano in strada
venivano spesso manganellati. Uomini influenti vicino al governo avevano
persino ventilato l'ipotesi di limitare fortemente il diritto di sciopero, proponendo di vietarlo del tutto al di fuori del settore pubblico. Lo sappiamo
tutti ormai: far sentire la voce della ragione, a quei tempi, era impresa ardua
se non impossibile.
Va detto anche che all’epoca non c’erano i mezzi di
informazione che ci sono oggi come la televisione e i giornali (i quotidiani
c’erano, ma non erano così diffusi. E soprattutto in pochi sapevano
leggere!).Internet poi, manco esisteva! L’esito di quelle elezioni non fu neppure seguito dai mezzi di
informazione dell’epoca, e il popolo nella sua larga maggioranza non ne era
quindi neppure a conoscenza: non solo dell’esito, ma neppure del fatto che si
fossero tenute le elezioni! Del resto, non essendo chiamati al voto, per quale
motivo i cittadini avrebbero dovuto saperlo o comunque interessarsi alla cosa?
E
soprattutto, nel bel mezzo di una crisi economica micidiale, per quale motivo
avrebbero dovuto preoccuparsene?
Oggi – dopo
aver pagato un caro prezzo - sappiamo invece quanto importante sia il valore
della Democrazia. Nessuno di noi permetterebbe mai il
ripetersi di certe situazioni, e meno che mai accetterebbe un governo che
limitasse il nostro diritto di voto. Il Paese probabilmente insorgerebbe per le strade... o almeno, piuttosto di partiti del genere, voteremmo
qualsiasi forza di opposizione che difendesse il nostro prezioso e imprescindibile diritto di
voto. Un diritto basilare da cui derivano direttamente Democrazia e Libertà, conquistato dai nostri nonni ad un prezzo incalcolabile, pagato col sangue e forse dato per scontato da troppi delle generazioni successive. Un diritto dal valore inestimabile. No, oggi nessuno lo permetterebbe.
Sicuri?
Io non molto:
quello che hai letto in questo post contiene alcune volute "inesattezze": l'anno in questione non è il
1929, ma il 2014. Le elezioni provinciali a cui fa riferimento sono quelle di quest'anno (ottobre 2014). Il governo sotto cui sono state varate queste leggi e sono
avvenute questo genere di elezioni non è quello di Benito Mussolini bensì
quello di Matteo Renzi.
Per il resto è semplice realtà dei fatti: leggi elettorali, percentuali,
procedure, esclusioni, "candidati unici", violenza sulle minoranze,
etc...
Ma soprattutto, purtroppo, è vera anche la considerazione più triste
e pericolosa che riporta questo post: il popolo non se ne preoccupa neppure.
Il sonno della ragione genera mostri (F. Goya)
Post scriptum:
Gli ultimi tre governi si sono formati senza che le Istituzioni dello Stato sentissero il bisogno di consultare in libere elezioni il parare degli italiani. Con piena facoltà costituzionale di non ricorrervi, va detto; ma probabilmente in modo inopportuno visto le circostanze e le condizioni in cui versa il Paese.
E nel frattempo - visto che le prove generali con il voto provinciale sono andate benone e senza lamentele da parte di nessuno - è al vaglio della maggioranza parlamentare e del governo la trasformazione del Senato e la conseguente estromissione dal voto dei cittadini per quel ramo parlamentare. Un po' sulla falsa riga di quanto già accaduto appunto per le province.
Siamo ancora tutti così sicuri che certe cose oggi gli italiani non le permetterebbero?